Grande successo di pubblico ieri a Desenzano del Garda per l'omonima Granfondo.
2500 atleti al via per una gara che è stata un vero divertimento su un percorso impegnativo e colmo di paesaggi mozzafiato.
Sveglia prestissimo al mattino verso le 4:30, ritrovo con gli altri 6 del gruppo ARC alle ore 5:20. Partiamo con un'auto e il furgone di Nik carico di bici
Carichiamo il furgone alle 5:20 del mattino... |
Verso le 7:30 cominciamo a prepararci. E' un momento cruciale per me, dove devo decidere come e quanto coprirmi, cosa portare da mangiare e bere e devo quindi per forza pensare a come potrebbe andare la gara...alla fine decido di non coprirmi troppo e di portare solo una borraccia, ma i dubbi ti restano addosso fino alla sirena del via, quando tutto scompare e senti addosso solo l'adrenalina della sfida!
Siamo in griglia di partenza, un sole pallido si affaccia all'orizzonte. Il colpo d'occhio è incredibile...centinaia e centinaia di atleti sulle loro bici i fila per le viuzze che si affacciano sul lungolago...
Finalmente partiamo! Il lungo serpentone si muove lentamente verso il gonfiabile che segna la partenza. Alla fine la nostra gara inizierà ufficialmente circa 10 minuti(!) dopo il via, tanti erano gli atleti che avevamo davanti...!
Il via è sempre un grossa emozione, tutti i pensieri lasciano il posto alla carica agonistica che spinge le gambe a girare a più non posso. Cerco di trovare subito un gruppetto per mettermi a ruota ed avere un riferimento per regolarmi. I primi km scompaiono sul lungolago che neanche me ne accorgo, poi il percorso comincia a salire e scendere, tipico mangiaebevi collinare dei paesaggi lacustri dove bisogna lavorare di frequenza e di cambio. Purtroppo il cambio mi da grosso problemi, non riesco ad inserire i rapporti più leggeri e faccio troppa fatica in salita. La catena mi scende 3 volte e addirittura cado 1 volta... Giunto al 35esimo km, considerando questi problemi meccanici, decido di fare il percorso medio invece del lungo (che so presenti una salita durissima) e mi butto all'inseguimento di un gruppetto di 20 atleti che vedo un centinaio di metri avanti a me...
Il percorso si snoda tra paesaggi naturali bellissimi, fatti di vigne senza confini e agriturismi rustici, il sole scalda il giusto e il vento fa il suo solito lavoro di ostruzionismo... ma ormai ho raggiunto il gruppo e cerco di stare coperto.
Si viaggia su medie di 36/38 km/h e il tempo vola.
Quando vedo il cartella dei 10km all'arrivo quasi mi dispiace, mi sto proprio divertendo, e la gioia no fa sentire la fatica...
Ultimo sforzo lungo una salita bella ripida e poi via verso il traguardo, si ritorna sul lungolago ripercorrendo la strada di partenza ed ecco in fondo al rettilineo il gonfiabile dell'arrivo.
Taglio il traguardo a braccia alzate e sono veramente contento di questa granfondo ottimamente organizzata ! Sarò sicuramente al via alla prossima edizione!
Tanti complimenti a tutti gli altri atleti ARC che hanno concluso questa fatica, è stata una goduria questa giornata insieme!!!
Alla fine 105km in 3h23min alla media di 31,6 km/h.
Il giusto relax all'arrivo! |
Amissss de muasssss c'erano Giradoux e il grande Pozzi?
RispondiEliminaper chi non conoscesse il grande pozzi un breve riassunto amissssss pedala
RispondiEliminaIL GRANDE POZZI
Quell'anno il grande Pozzi aveva vinto quasi tutto, insomma non aveva più avversari. A volte pedalava con una gamba sola, a volte per divertirsi saltava giù di sella, si nascondeva dietro un albero, poi quando passava Bartoli saltava sulla ruota di dietro e si faceva portare per molti chilometri, poi cacciava giù Bartoli dalla bicicletta e arrivava da solo al traguardo. Finché un giorno venne a sapere che c'era un giro di Germania, e si iscrisse.
Al giro di Germania c'era anche il famoso Girardoux. Era alto più di due metri, con un culo enorme, tanto che al posto del sellino aveva una sedia da barbiere. Era completamente calvo, all'infuori di una folta capigliatura rossa che teneva annodata in trecce legate con filo spinato. Aveva anche due baffi dritti, orizzontali, durissimi e prensili, con i quali infilzava e si metteva in bocca il cibo mentre correva. Mangiava una zuppa tipica della sua regione, l'Artois, a base di metano e cappone lesso, e faceva dei rutti spaventosi all'indietro facendo cadere chi lo inseguiva. Aveva anche due piedi enormi; tutte le volte che stava per attaccare si gonfiavano ed emettevano un sinistro suono di carillon. Allora Girardoux inarcava la schiena e con quattro pedalate scompariva sui tornanti: la sua potenza era tale che spesso doveva frenare in salita per non uscire di strada. La macchina della casa, che era la Bouillabaisse Balboux, o qualcosa del genere, non riusciva mai a tenergli dietro. Quindi, quando forava, Girardoux dava un colpo di reni e proseguiva solo sulla ruota di dietro. Una volta forò tutte e due le gomme e vinse egualmente saltando sul mozzo del cannone come su un cangurino.
Quando Pozzi seppe che c'era anche Girardoux, disse una frase storica, «Adesso si vedrà», poi prese una pompa di bicicletta e ci fece un nodo. Quando Girardoux lo venne a sapere, disse: «Ah, sì?», e prese una pompa di bicicletta e ci fece tre nodi. Allora Pozzi disse: «Così, eh?», prese due pompe di bicicletta e ci fece una griglia rustica.
Allora Girardoux disse: «Così, uh?», prese quattro pompe di bicicletta e ci fece un ritratto di profilo di D'Annunzio, per la verità non molto somigliante. Allora Pozzi prese il meccanico di Girardoux e ci fece una pompa di bicicletta. Allora Girardoux prese il meccanico di Pozzi, che però era molto furbo e non solo non fu neanche toccato, ma riuscì anche a vendergli per tre milioni una casa decrepita a Milano Marittima. I giornali montarono subito la faccenda, e subito qualcuno parlò di rivalità.[...]continua
[...]continuo...[...]
RispondiEliminaLa mattina dopo ci fu la seconda tappa, detta «il diagonalone», seimilatrecento chilometri d'autostrada da Lisbona a Leningrado. Il gruppo rimase compatto fino ai milletrecento chilometri: poi, all'autogrill Pavesi, Borzignon chiese di poter andare un po' avanti per salutare i suoi a Cattolica. Pozzi e Girardoux diedero il permesso e Borzignon partì come un ossesso. Pochi minuti dopo nel gruppo cominciò a circolare la voce che Borzignon era di Pordenone. Pozzi urlò «Traditore!» e si lanciò all'inseguimento. Borzignon aveva già due ore e mezzo di vantaggio, ma in poche pedalate fu ripreso: venne ammonito e picchiato.
Allora Girardoux cominciò a fare una gara tattica. Disse: «Beh, io vado a fare un giretto», e uscì a Rimini nord. Pozzi, preoccupatissimo,glisi pose alle calcagna. Girardoux, tranquillissimo, comprò un gelato e si mise a passeggiare sul lungomare. Pozzi e tre gregari lo seguirono pedalando sulla spiaggia. Poi Girardoux fece il bagno in moscone. Nel clan italiano tutti erano molto preoccupati per la mossa del francese. Girardoux fece sei partite a flipper, comprò alcune cartoline e andò a vedere i delfini. Uno dei Panozzo lo seguì strisciando sul bordo della piscina, un delfino saltò e ne fece un boccone. Alle otto e mezzo di sera il gruppo era a settecento chilometri di distanza, ma Girardoux non dava segni di impazienza. Pozzi invece era nervosissimo e ogni tanto sbuffava aprendo larghe voragini sulla strada. Alle dieci Girardoux si presentò al Mocambo e invitò a ballare una tedesca. Pozzi, nascosto dietro una palma, lo sorvegliava. Ballarono a lungo, poi Girardoux tentò uno stricco e prese una sberla. Allora invitò un'altra tedesca. Ballarono fino a mezzanotte. Il gruppo intanto era a trenta chilometri dal traguardo. A mezzanotte e mezzo Girardoux e la tedesca cominciarono a fare i gustini e Borzignon mugolò, eccitatissimo. All'una i due uscirono teneramente allacciati e si diressero verso l'albergo Mareverde. Pozzi li seguì e li vide entrare in camera mentre a Lisbona il gruppo entrava sulla dirittura d'arrivo. Girardoux si levò la maglietta e il berrettino: poi, mentre la tedesca andava in bagno, si tolse i pantaloni: si guardò un momento intorno e fulmineo trasse di tasca una bicicletta e partì come un fulmine dalla finestra.
Pozzi urlò «Maledetto!», e si lanciò all'inseguimento.
[...]
Solo il vecchio meccanico di Girardoux, Rougeon, aspettò seduto sul bordo della strada altri nove anni il suo pupillo col cacciavite multiplo in mano, mirabile esempio di fedeltà. Dieci anni fa su quel punto della strada fu costruito un palazzo residenziale di nove piani.
Dopo lunghe consultazioni, si decise di lasciare Rougeon al suo posto, e infatti, fino a tre anni fa, chi voleva vedere il meccanico di Girardoux, poteva andare al pianterreno del palazzo dove, protetto da una griglia di vetro, c'erano tre metri quadrati della vecchia strada e Rougeon seduto su un pilastrino. Finché, appunto tre anni fa, una mattina alle 8,30 Rougeon disse: «Beh, adesso mi sono rotto i coglioni», si alzò e se ne andò. Appena fuori dal palazzo finì sotto un autobus. Aveva cento quattordici anni.
Uomini così non ce ne sono più. E neanche come Pozzi e Girardoux. Dio sa dove sono.
Grande amizzz... purtroppo non c'era il grande Pozzi...
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