venerdì 15 settembre 2017

Ironman 70.3 Vichy


La sveglia suona alle 4:30 del mattino di un sabato francese.
E' il giorno dell'ironman 70.3.
Sono 6 mesi che mi preparo, tra alti e bassi, per questo giorno. Ma ora nulla conta più, devo solo scendere dal letto e andare incontro a questa giornata di sport.
Vada come vada, sarà un successo!
Scendo in cucina e trovo i miei compagni di avventura impegnati a prepararsi la colazione. Nutrirsi bene prima di una gara di endurance è molto importante sia a livello metabolico/energetico sia, e soprattutto, a livello psicologico. Io faccio il pieno di carboidrati e zuccheri, poi ultimo controllo ai materiali e si parte.
La mattina è fredda e limpida, mentre cammino verso la zona cambio penso che forse c'è qualche possibilità di utilizzare la muta, ma appena arrivato ci informano che è vietata. Brutta notizia per me che ho nella frazione nuoto la parte debole.
Ma come ho detto, nulla ormai conta più, le condizioni atmosferiche fanno parte della gara.
Controllo le ruote della bici, posiziono gli integratori, mi cambio e ripongo tutto nella sacca bianca che consegno agli addetti. Ora sono solo io, in costume, a piedi nudi, immerso nella semioscurità dell'aurora, tutto quello che mi univa al mondo esterno è in quella sacca bianca che mi verrà riconsegnata una volta tagliato il traguardo.
Mi avvio al pontile da dove ci si tufferà in acqua e mentre cammino nel prato sento una fitta al piede sinistro, un'ape mi ha punto sull'alluce!!! Cominciamo bene...
Ricordo perfettamente il pensiero che mi balzò in testa appena entrato in acqua, lungo quei primi 100 metri che pian piano mi allontanavano dal pontile, mi chiesi "chissà come andrà a finire questa gara".
Non ne avevo idea perchè ero conscio di non essermi preparato al meglio, di non aver fatto tutti gli allenamenti che mi ero prefissato. Soprattutto nella corsa sapevo di non avere tutta la distanza nelle gambe.
La frazione nuoto scorre via senza intoppi, l'acqua è alla giusta temperatura, esco in 42 minuti, il mio garmin segna 2150 metri, dovevano essere 1900...
Corro in zona cambio per togliermi il costumone e infilare il body ma la zip si incastra e non c'è verso di aprirla, dopo qualche minuto di tentativi strappo di forza la spallina e mi sfilo il costume.
Parto in bici e le gambe rispondono bene, il percorso è bellissimo, immerso nella campagna francese, il sole si sta alzando in un cielo azzurro e terso.
Una cartolina emozionante e io ne faccio parte.
Vorrei fermare tutto come in una polaroid e scendere dalla bici per guardarmi da fuori e scoprire l'effetto che fa!
Mangio e spingo sui pedali, mangio e spingo sui pedali, mangio e spingo sui pedali.
Bevo.
I km scorrono sotto le ruote, lunghi rettilinei di vigneti si alternano a piccoli paesini da attraversare respirando aria che sa di antico, di contadini e di agricoltura.
Verso il 70esimo km raggiungo un ragazzo che gareggia portando il fratello disabile su una carrozzina. So che aveva nuotato trasportandolo con se e so che avrebbe corso spingendolo su una carrozzella. Mi affianco e gli do una pacca sulla spalla, "great job man" gli dico e lui risponde in francese e il fratello mi guarda e applaude con un gesto goffo ma pieno di entusiasmo.
Mi emoziono, cazzo se mi emoziono!
Proseguo, mi aspetta il tratto più duro. Tutto il dislivello si concentra negli ultimi 20 km, strappi duri in salita e discese veloci, le gambe bruciano.
Arrivo in zona cambio e il cronometro segna 2 ore 47 minuti per fare 93km alla media di 32,4 km/h.
Ottimo penso.
Cambio scarpe e parto per la mezza maratona.
Il sole picchia duro adesso, il percorso si snoda lungo il fiume tra due ponti che diventano gli obiettivi mentali per dividere la corsa in frazioni più corte. I primi dieci km passano benino ma poi arriva la crisi. Le gambe si induriscono e il caldo mi soffoca. I ristori sono ottimi, ben forniti e con tanto di doccia fresca, ma le gambe non mi vogliono più sostenere!
"Arriva al ponte, devi solo arrivare al ponte" continuo a ripetermi nella testa.
Inizio dunque a impostare un passo dopo l'altro così, come chi sa di aver fatto tutto il possibile, ma senza per questo aspettarsi nulla in cambio.
Un passo, un altro, un altro ancora. Respiro, battito.
Kilometro dopo kilometro, ponte dopo ponte, arrivo all'ultimo kilometro, sento la musica e la voce dello speaker sempre più vicina. Mi carico come un leone, entro nell'arena del traguardo e imbocco la corsia dell'arrivo. C'è una folla enorme, urlante, fischiante, cantante e chiassosa che esulta con gioia. Sento il mio gruppo di supporter che mi incita a squarciagola. Percorro gli ultimi metri sul tappeto blu con le braccia al cielo.
Gioia devastante e fatica si mischiano nel cuore.
Grazie a tutti ragazzi!
5 ore 39 minuti di emozione continua.






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