Resoconti Gare

Stralivigno 2012
 

Bel weekend a livigno, sabato freddino e piovoso dedicato allo shopping, domenica Stralivigno splendida e massacrante come al solito!
Domenica mattina mi sveglio verso le 6, non ho dormito molto bene, la sera prima abbiamo festeggiato i 100 anni dell'albergo che ci ospitava eccedendo un po' nel cibo e nel vino...
Comunque oggi Stralivigno, guardo fuori dalla finestra, ci sono nuvole basse e cupe che non promettono nulla di buono. Mi alzo e faccio un giro fuori, ne approfitto per spostare la macchina e metterla nel parcheggio dell'abergo prima che arrivino le orde di turisti.
Ore 7:30 facciamo colazione, siamo un bel gruppeto quest'anno, e ognuno spara la sua previsione per il tempo finale. Ci prepariamo e andiamo a prandere il Bus. Sono le 8:40.
Il cielo si e' aperto ed e' spuntato il sole.
Arriviamo in zona partenza e invece comincia a diluviare, maledetta variabilita' in altura...
Consegno lo zaino, rimango in canottiera e manicotti. Fa freddo e la pioggia ti si ghiaccia addosso. Esco a scaldarmi corricchiando sulla salita. Intanto le nuvole si diradano ed esce ancora il sole, benedetta variabilita' in altura... alla fine il sole rimarra' per tuttala gara.
Ci raduniamo sotto al gonfiabile della partenza, siamo poco meno di un migliaio, davanti a noi si staglia imperiosa la montagna. La partenza e' subito in salita con pendenze importanti, parto piano e seguo la folla.
Dopo il primo km circa di salita, la strada spiana un po' ma non bisogna farsi prendere dalla foga di spingere, non ancora, conosco bene il percorso, e' solo una piccola tregua poi la strada riprende a salire piu' ripida fino al GPM. Da li si puo' cominciare a spingere, e cosi faccio. Allungo un po' il passo sul sentiero sterrato, tecnico e vallonato e un po' molle per via della pioggia. Tengo un buon ritmo e arrivo alla prima discesa che riporta giu a livigno, qui mi affianca Claudio, "come va?" mi dice, "molla le gambe in discesaaa..." mi urla e si butta a bomba in discesa, lo vedo sparire tra gli altri atleti. Cerco di lasciarmi andare in discesa ma non riesco, mi superano tutti. Non capisco come facciano ad andare cosi forte in discesa su questo sterrato pieno di sassi, io devo controllare. La mia e' una corsa "frenata", ho paura di mettere un piede in fallo. Comunque arrivo in fondo, ora c'e' un piattone bello lungo. Tutto asfalto sulla ciclebile che costeggia il fiume Spol.
Qui si spinge.
Sto bene e vado, riprendo il Claudio e facciamo qualche centinaio di metri insieme, poi allungo.
Il sole ora scalda bene, il cielo e' azzurro e la gente fa il tifo ai bordi della strada.
Bello, bello, BELLISSIMO. Mi gaso e aumento ancora un po'!
Arrivo al traguardo volante della staffetta. Sono a meta' gara!
Tengo il mio ritmo, vado a 4'40" circa e arrivo in fondo alla ciclabile. E' il 14esimo km.
Inizia la salita piu' dura.
Inizio piano ma sento che le gambe fanno fatica, non forzo.
Mi preservo.
Reggo benino il primo strappo, ora il percorso si fa molto tecnico, su un sentiero stretto e pieno di sassi e radici che spuntano insidiose dal suolo.
Claudio mi riprende e mi passa sull'ultima salita durissima. Lo vedo anda via come uno stambecco. Grande!
Io cedo un poco, rallento, le gambe non girano bene ma mancano solo 2km.
Forzaaa!
Arrivo in cima, ora e' tutta discesa. Ultimo km!
Vedo il traguardo e metto le ultime energie. Alla fine chiudo in 1h58, che era il tempo che mi ero prefissato, ma ho fatto troppa fatica per ottenerlo.
In definitiva abbiamo fatto tutti una ottima performance, ma un elogio particolare va a Marina che ha abbassato il suo personale di 10 minuti. STREPITOSO! Brava!






Traversata del Lago Maggiore
nuotata dell'eremo 21 Lug 2012






Week end intenso.
venerdi sera un salto al lago di monate per una nuotatina serale, 1600 mt in scioltezza come prova muta per la grande traversata del giorno dopo.
Sabato mattinata splendida, sole splendente e cielo terso. Mi sono svegliato presto, prima delle 6, colazione abbondante, e ho preparato la bici e la borsa per la traversata.
Ritrovo a Reno di Leggiuno alle 11:00, ritiro pacco gara e palloncino boa, briefing verso le 12:00.
Il programma prevedeva il trasporto a Stresa tramite traghetto e la partenza alle ore 15:00.
4050 metri di traversata.
Un temporale improvviso e qualche problema con i traghetti ha fatto posticipare di una ventina di minuti l'ora di partenza. Rimaniamo fermi in acqua sotto la pioggia per un buon quarto d'ora.
Freddo.
Poi finalmente suona la sirena che da il via alla gara.
Piu' di 300 atleti con il loro palloncino giallo si buttano acqua e cominciano la loro sfida con il lago.
Organizzazione veramente perfetta, decine di kajak hanno formato un "corridoio" di sicurezza largo una 50ina di metri e ci hanno scortato per tutta la traversata. In acqua motovedette della polizia, e una della crocerossa. Due ambulanze sulla riva di Stresa e una sulla riva di Reno piu' vari gommoni dei giudici e organizzatori e volontari.
Io parto piano per scaldarmi, una massa di palloncini gialli mi supera, ma non mi affanno e non mi faccio prendere dalla foga di seguirli.
Tengo il mio ritmo, e' la prima volta che affronto una distanza cosi lunga e non voglio strafare. Ho in mente di chiudere attorno ad 1h25'. Ho un po' di problemi con gli occhialini. Entra acqua e mi devo fermare a svuotarli almeno 4 o 5 volte.
A circa meta' gara, in mezzo al lago, le onde si fanno piu' alte e si fa veramente fatica a nuotare perche "manca la presa in acqua" e la fase di trazione con le braccia si perde per meta' in aria. Brutta sensazione.
Pero' mi sento bene e in forza, mi fa male la spalla sinistra ma stringo i denti.
Tengo bene in vista l'eremo di S. Caterina come punto di riferimento e aumento un po' la velocita'.
A 6/700 metri dall'arrivo vedo il gonfiabile blu del traguardo e aumento ancora. Mi sento bene e riesco a spingere. Vedo il fondale sotto di me avvicinarsi finche lo tocco con le mani e mi alzo in piedi.
Sono arrivato! Il cronometro segna 1h16'. Molto meno di quanto pensavo.
Il tempo di asciugarmi e di mangiare qualcosa e prendo la bici, voglio provare la transizione in chiave Ironman. Parto da Reno in direzione Sesto Calende. Percorso vallonato e ventoso.
Le gambe non girano bene.
I primi 10km sono veramente una sofferenza, poi piano piano mi sciolgo e la pedalata diventa piu' fluida.
La cosa che mi ha preoccupato di piu' e' la sete. Probabilmente la muta aumenta la disidratazione e quando esci dall'acqua non ci fai molto caso, ma poi in bici, senti l'arsura che ti prosciuga e se non sei attrezzato con borracce e integratori puoi essere molto in difficolta'.
Comunque alla fine 35km generosi.
Domenica mattina ritrovo alle ore 7:00 per giro lago maggiore+lago Orta, 150 km.
Giornata fresca, ci troviamo al solito posto con il gruppo ARC e partiamo.
Sono affaticato e le gambe faticano a prendere il ritmo, comunque rimango attaccato al gruppo per buoni 100km, poi comincio a cedere e sulla via del ritorno mi stacco sulla salita di Oleggio e finisco piano, sui 25km/h, utilizzando le ultime energie.
Arrivo a casa in 5h10' con 151km sul Garmin. Mi cambio le scarpe e inizio a correre.
Sono veramente senza energie, mi bevo un gel ma niente. Non ne ho piu'.
Finisco con 3,5km di corsa, una miseria. Quando mi sento cosi sfinito, penso al giorno dell'Ironman e mi chiedo come faro' ad arrivare in fondo...
Sto puntando molto sulla bici e trascurando un po' la corsa, ma poi succede, come ieri, che di corsa non vado...
Certo e' difficile trovare un equilibrio, ma le sensazioni negative sono sempre destasbilizzanti se si pensa all'obiettivo finale.
Comunque, in definitiva, sono contento di questo week end intenso.
Mettiamo fieno in cascina!



Candia, il mio primo 70.3
 
16/05/2010 

E’ fatta e non ci credo, sto correndo gli ultimi passi verso la linea del traguardo, sto passando sotto il gonfiabile che segna l’arrivo, l’epilogo della mia sfida personale sulla distanza “mezzo Ironman” e ho le braccia alzate in segno di vittoria.
Esattamente 6 ore e 17 minuti fa mi immergevo nell’acqua scura e limacciosa del lago di Candia e cominciavo a mulinare le braccia piu’ per combattere il freddo che per avanzare velocemente, avevo ben chiaro in mente che dovevo tenere la linea piu’ dritta possibile verso la boa arancione che intravedevo lontana tra mille braccia e piedi e teste che si muovevano convulsamente intorno a me, ma non era facile.
Due giri da 950 mt, l’uscita dall’acqua non era molto agevole e c’erano membri dello staff che aiutavano a issarsi sul piccolo molo, poi 2/300 mt di corsa e ci si rituffava dall’altra parte del molo e via ancora ad inseguire la boa arancione.
Finisco il secondo giro e mi dirigo al primo cambio, il cronometro segna 42 minuti e vedo ancora una discreta presenza di bici appese alle transenne mentre faticosamente mi levo la muta, segno che la prima frazione non e’ stata disastrosa come temevo.
“Calmo, stai calmo durante il cambio, prenditi il tempo che ti serve, sulle distanze lunghe non conta tanto la velocita’ della transizione T1-T2 ma conta il fatto che non dimentichi nulla di quello che hai preparato per affrontare la frazione in bici”, mi gira in testa la voce di Adriano, vecchia volpe delle lunghe distanze con il quale ho fatto il viaggio in auto e che mi ha raccontato gustosi aneddoti sulla triplice e regalato preziosi consigli.
Caschetto e occhiali e sono in sella, ma perche’ il vento e’ sempre contro? “Mangia, mangia e ancora mangia, in bici quando senti arrivare la fame e’ troppo tardi…” questa volta la voce e’ di mio fratello, consigli molto piu’ orientati alla performance. Lo ascolto e comincio a morsicare barrette gia dal decimo km.
Le gambe girano bene, il mio Garmin segna una media di 28.7km/h nonostante il vento e il falsopiano, ogni tanto mi supera qualche gruppetto di 6/7 ciclisti un po’ troppo vicini per non sfruttare la scia, ma non e’ vietata?...
Verso i 70km comincio a patire, le gambe dure, arranco ad ogni piccola salita “Uomo, per arrivare in fondo devi soffrire…” ora e’ la voce di Paolo, l’ultimo del terzetto che ha condiviso con me questa esperienza.
Entro nella zona cambio e vedo tante, troppe bici posizionate sulle transenne.
Sono lento accidenti!
Non ci penso e per distrarmi faccio un check-in medico mentale: gambe un po’ dure ma ok, schiena indolenzita ma e’ normale, niente crampi e idratazione buona; tutto sommato va bene.
Levo il caschetto, infilo le scarpe e parto.
3 giri da 7 km.
Vado alla grande per i miei standard, primo giro a 4.45 di media.
Poi il crollo.
Secondo giro cominciano i crampi al quadricipite, ma stringo i denti e non mollo. Il fondo sterrato non aiuta. Ad ogni ristoro prendo 2 bicchieri di coca cola ma sento che le energie mi abbandonano. Intravedo tra il pubblico due splendidi occhi azzurri che mi danno un po’ di forza (ma guardava proprio me? Non posso fare questa figure!).
Al terzo giro cedo di schianto e cammino lungo la piccola salita, sono circa al 17esimo km, arrivo al ristoro e prendo tutti i bicchieri di coca cola che riesco…
Riprendo a correre a un ritmo lento ma costante.
Resisto...
E ora sono qui sulla linea del traguardo, le braccia al cielo e 118 km alle spalle, a 8 mesi dal mio esordio nel triathlon sprint di Locarno. Sento la voce di mio fratello che mi chiama e Marina che mi incita. Gli altri miei compagni di squadra sono gia tutti arrivati e nei loro occhi riconosco la soddisfazione e la stanchezza.
Ci sono anch’io, e lo sfinimento del corpo e’ nulla in confronto alla gioia dell’anima.





Io, Pettenasco e la mia sofferenza
29/052011

Se c’e’ una sensazione ricorrente in uno sport come il Triathlon, e’ sicuramente la sofferenza.
E piu’ si allungano le distanze da percorrere piu’ aumenta la sofferenza.
Oggi, 29 maggio 2011, siamo qui a Pettenasco per soffrire, e’ la prima edizione del Pettenasco Triathlon 70.3
Io, Maurizio, Paolo e Marina facciamo il viaggio insieme, uniti e ormai avvezzi ad affrontare insieme queste sfide, ma sappiamo che sul posto troveremo Adriano, Stefano, Marco e tantissimi altri atleti sconosciuti ma mossi dallo stesso entusiasmo.
La giornata e’ spettacolare, splende un sole senza nuvole, soffia una leggera brezza e il lago sembra tutto sommato abbastanza calmo.
Arriviamo verso le 9 del mattino, prepariamo le bici e ci avviamo verso la zona cambio.
Stiamo insieme e scherziamo mentre posizioniamo le bici sulla transenna e fissiamo le scarpe sui pedali legandole con gli elastici e posizioniamo le scarpe da corsa, ognuno segue i suoi riti e cerca la propria concentrazione, fino a quando arriva quel momento in cui bisogna rimanere da soli.
Quel momento e’ la partenza.
Mi tuffo in acqua e comincio a nuotare, devo cercare, questa volta, di mantenere la linea piu’ dritta possibile verso la boa gialla che vedo piccolissima la in fondo.
Ora non e’ piu’ tempo di scherzare e i tuoi amici sono diventati avversari.
Sei solo con te stesso e devi solo ascoltare i segnali che ti manda il tuo corpo.
Due giri da 950mt, finisco il primo, esco sulla spiaggetta, circa 50mt di corsa e di nuovo in acqua per il secondo giro.
Sto bene, per nulla in affanno, cerco di spingere un po di piu’ nel secondo giro.
Della sofferenza per ora non c’e’ traccia.
Finita la frazione di nuoto mi dirigo correndo verso la zona cambio.
Devo bere, ho sete, sete, sete!
La muta come al solito non vuole uscire, si attacca ad ogni giuntura, ho le mani gelate e faccio fatica a sfilarla.
Dopo attimi che sembrano eterni me ne libero. Caschetto, occhiali, mi infilo il numero e vado.
La frazione in bici prevede 2 giri da 42 Km, avevo controllato sul sito l’altimetria che dava 400mt di dislivello su tutto il percorso, tra me e me pensavo “non sara’ troppo dura”.
Ancora non sapevo quanto mi sbagliavo!
In realta’ piu’ della meta’ del giro era in salita o comunque in falso piano, solo gli ultimi 15Km erano in discesa e pianura, tra l’altro controvento, come al solito.
La salita mi brucia le gambe ma non voglio cedere.
Mangio, questa volta mi sono preparato dei mini panini monodose con marmellata e nutella (grazie De Moi).
Devo dire che funzionano a meraviglia, molto meglio dei vari gel e barrette che a lungo andare mi danno nausea.
Al secondo giro in bici comincio ad accusare la fatica e la sofferenza bussa alla porta.
Arrivo alla zona cambio e ho il collo indolenzito dalla posizione in bici, inoltre il mio Garmin, fedele compagno di 1000 avventure, mi ha abbandonato e non vuol saperne di ripartire.
Devo affrontare la frazione di corsa senza riferimenti. Noooooooooo!
Appendo la bici alla transenna, sfilo il caschetto e vado.
3 giri da sette Km, percorso misto asfalto/sterrato e con una salita spaccagambe a circa meta’ di ogni giro che mette a dura prova la determinazione di continuare.
Ora la sofferenza si e’ accomodata accanto a me e mi guarda con aria di sfida.
E’ sicura che mi fermero’.
Ad ogni ristoro mi fermo e cammino bevendo coca cola, cerco di rilassare le gambe che ad ogni passo mi danno un dolore diverso.
La mia sofferenza mi guarda e ride.
Ride di me e della mia caparbieta’, ride dei miei allenamenti che ora mi sembrano infruttuosi, ride delle smorfie che faccio per mantenere un’andatura di corsa decente.
Arrivo ai piedi della salita del terzo giro.
La mia sofferenza e’ comodamente appollaiata sulla spalla e mi dice “champ, hai fatto del tuo meglio, ora stenditi li sul prato e riposa. Non riuscirai mai a passare quella salita”.
Quasi quasi l’ascolto, poi vedo altri atleti che scendono dalla parte opposta, loro sono riusciti a vincere la salita.
Anch’io ce la posso fare!
Vado con una corsa lenta ma costante, senza cedimenti…e dopo la salita finalmente la discesa.
Ormai sono in dirittura d’arrivo, vedo in fondo mio fratello e Paolo che mi aspettano (ormai gia docciati!!!).
Non importa, anche questa volta io e la mia sofferenza siamo giunti al termine!
E’ stata come sempre una grande emozione.
Alla prossima sfida!


 
  

 








Arrancabirra 2011. Goliardia da Incubo
8/10/2011

“Alla fine l’abbiamo portata a casa, ma non la gara, la pelle!”. Questo era il commento comune che ci scambiavamo in macchina sulla via del ritorno verso casa, quando ormai il peggio era passato.
Avevamo appena concluso l’Arrancabirra, gara podistica in alta montagna, anche quest’anno iniziata con spirito goliardico all’insegna del divertimento ma trasformatasi poi in vero e proprio incubo per le condizioni meteo. Una di quelle storie da raccontare ai nipoti davanti al camino, una di quelle avventure per le quali potro’ dire un giorno: “io c’ero”, il classico racconto che ogni volta si gonfia di qualche particolare ardito per vestire il protagonista di un’aurea epica ed eroica.
Proprio per evitare questi scherzi della memoria voglio fermare su carta gli eventi di quella giornata, ora che il ricordo e’ ancora vivido e vero. Vi assicuro che quello che segue e’ il resoconto della gara cosi come l’ho vissuta.
Sabato 8 Ottobre ci ritroviamo alle 6:30 del mattino, siamo in quattro, io, Luca Massimo e Igor. Destinazione Courmayeur.
Io e Luca ci conosciamo da tempo immemore e abbiamo gia condiviso le emozioni di parecchie gare, mentre Massimo e Igor li conosco al momento della partenza, il viaggio scorre veloce e subito si crea un bel clima tra noi legati come siamo dal magico filo della corsa.
Massimo e’ l’unico che ha gia partecipato alla gara e ci racconta divertenti aneddoti, tutti sappiamo delle avverse previsioni meteo ma un incauto ottimismo ci pervade. Pausa caffe’ all’autogrill e troviamo altri atleti diretti alla gara.
La compagnia e’ allegra e piu’ ci avviciniamo alla destinazione piu’ l’adrenalina sale. Arriviamo sul posto verso le 9:00 con un nevischio fine ma persistente e ci mettiamo in coda per il ritiro pettorale, l’atmosfera e’ goliardica ed euforica, una delle caratteristiche della gara e’ che si puo’ partecipare in maschera e infatti intorno a noi ci sono infermiere, crocerossini, chirurghi, sposi, orsi polari, pastori, superman, batman, carcerati e perfino i “4 amici al bar” che correvano portandosi in spalla 4 sedie, il tavolo e l’ombrellone! Noi avevamo un semplice grembiule da cuoco.
Il percorso prevedeva partenza da piazza Brocherel 1200mt di altitudine, 9 Km in salita su sentiero di montagna fino a quota 2584mt per un dislivello di circa 1400mt e poi discesa di altri 9 km fino all’arrivo al parco Bollino, lungo tutto il percorso ogni 3 Km circa c’era un punto di ristoro dove chi voleva poteva bere una lattina di birra, per ogni birra bevuta venivano scalati 10 minuti dal tempo finale.
Poco dopo le ore 10:00 lo starter da il via alla gara, partiamo tutti al piccolo passo e la strada comincia subito a salire, piu’ si sale piu’ la neve scende fitta, il sentiero, riparato dagli alberi, e’ ancora abbastanza asciutto ma gia la neve comincia a rimanere al suolo. Riesco a correre per i primi 5/600 metri sulla strada asfaltata che poi si trasforma in sentiero con forti pendenze che rendono impossibile la corsa, cerco di tenere un passo veloce e arrivo tutto sommato bene al primo ristoro all”Ermitage” 1470 mt dopo circa 2,5 km di gara. Cerco un po’ di the caldo o dell’acqua e invece, incredibilmente, solo birra!?!? Pazzesco! Non prendo nulla e proseguo di buona lena, ora la quota comincia ad essere considerevole, il mio Garmin dice che sono a 1684 mt e sto tenendo un passo medio di 12:23 al Km, gli alberi pero’ in quota si fanno sempre piu’ radi e la neve al suolo e’ gia di qualche cm, si fatica a vedere il sentiero. Arrivo al secondo ristoro “La Suche” 1800 mt. Anche qui solo birra!?!? Mangio un pezzo di pane e bevo un po’ d’acqua da una borraccia che mi passa un altro atleta. Riparto, ora il sentiero spiana un poco e addirittura scende, riesco a correre ma il terreno e’ scivoloso, il vento comincia a tirare di traverso e la neve fitta entra negli occhi e sferza il viso come ondate di spilli. Il presagio che la gara sarebbe diventata una corsa per la sopravvivenza arriva poco dopo, in corrispondenza di una discesina dove il sentiero attraversava un piccolo ruscello, la neve si era compattata al suolo ed era diventata un tappeto di ghiaccio, non c’era modo, con le scarpe da corsa, di stare in piedi, bisognava uscire dal sentiero dove la neve era fresca e da seduti, aiutandosi con le mani, lasciarsi scivolare pian piano.
Si udivano chiaramente urla di imprecazioni in diverse lingue e con vari gradi di offese agli organizzatori e loro familiari e si cominciavano a vedere persone che tornavano indietro o ferme con le mani gelate senza guanti e sguardo interrogativo tremanti per il freddo.
Non mi perdo d’animo e continuo, arrivo al terzo ristoro “Curru” 2010mt, finalmente un the caldo mi da un po’ di sollievo, riparto, sono circa all’ottavo chilometro ormai manca poco, guardo avanti e vedo la vetta che devo raggiungere. Forza! Mi dico, gli ultimi 500mt di dislivello e poi la discesa. Ma raggiungere quella vetta si dimostrera’ una delle imprese piu’ dure della mia vita, ogni due passi avanti ne facevo uno indietro e non metaforicamente, le mie Numbus 12 non erano assolutamente adatte al fondo ghiacciato e ogni volta il piede d’appoggio scivolava a valle con conseguente caduta e botta al ginocchio. Ho dovuto salire il tratto piu’ ripido gattonando, in ginocchio affondavo le mani nella neve fresca ai lati del sentiero per non scivolare a valle, appena mi alzavo per provare un passo cadevo, cadevo, cadevo e cadevo ancora. Alla fine il Garmin sanzionera’ insolente che per percorrere l’ottavo chilometro ho impiegato l’incredibile tempo di 43 minuti!!!
Finalmente arrivo in vetta, “Tete de la Tronche” 2584mt ho le mani ghiacciate e non riesco a muoverle, chiedo ad uno degli organizzatori se per favore mi apre lo zaino e tira fuori la cerata che indosso per ripararmi dal vento. Intanto mi dicono che la gara e’ stata sospesa e che bloccavano tutti al ristoro piu’ sotto e non facevano salire piu’ nessuno, mi dicono anche che il percorso in discesa e’ ghiacciato e molto pericoloso soprattutto il primo pezzo almeno fino al rifugio “Bertone”. Mi faccio dare due bicchieri di the che per fortuna e’ bollente e stringo i bicchieri tra le mani per diversi minuti, comincio a sentire la circolazione riattivarsi ma i guanti sono inzuppati di neve e irrigiditi dal ghiaccio.
Riparto per la discesa e anche qui non si riesce a stare in piedi, i primi 3/400 metri li faccio seduto sul ghiaccio scivolando, poi nei punti meno ripidi provo ad alzarmi ma ogni 10 passi cado, le nubi basse e fosche limitano la visibilita’ e il sentiero non si riesce piu’ a distinguere.
La neve continua a cadere indifferente.
A questo link http://www.youtube.com/watch?v=tCAewQYRMr4 , trovate il mio video di una parte della discesa.
Dopo circa un Km di discesa sento una voce che mi chiama, e’ Luca che mi raggiunge, l’avevo perso a meta’ salita, e’ anche lui provato e infreddolito ma riesce a scendere piu’ veloce di me, comunque ci aspetteremo a vicenda fino all’arrivo e taglieremo il traguardo insieme.
Ho le scarpe piene di neve fino alle caviglie e le dita dei piedi sono diventate insensibili mentre affronto l’ultimo tratto ripido prima di arrivare al punto di ristoro “Bertone”, la neve scende ancora forte ma la visibilita’ e’ molto migliore. Si sente in lontananza rumore di elicottero. Arrivo al ristoro “Bertone” 1960mt, the caldo a volonta’, ormai la parte brutta e’ finita e mancano circa 4km all’arrivo. Mi ributto nella discesa, il sentiero diventa una pietraia a sbalzi molto tecnico ma almeno non c’e’ piu’ neve al suolo in quanto gli alberi fitti hanno fatto da ombrello naturale, arrivo all’ultimo ristoro “La Trappa” 1500mt dove ormai la neve ha lasciato il posto alla pioggia e mi faccio l’ultimo Km d’un fiato per tagliare il traguardo in 4h23min…
Massimo e’ gia arrivato mentre Igor arrivera’ poco dopo.
Alle fine veniamo a sapere che il rumore che sentivamo era l’elicottero del soccorso che ha avuto un bel da fare nel trasportare contusi all’ospedale di Aosta. Veniamo a sapere con dispiacere che anche Mimmo, il presidente di Podismo e Cazzeggio, rientra nella lista degli infortunati trasportati in elicottero. Lo chiamiamo subito al telefono e ci tranquillizza sulle sue condizioni.
In definitiva una vera avventura estrema con enormi pecche dal punto di vista organizzativo e con misure di sicurezza assolutamente carenti per le condizioni di gara.
Sono sfinito ma felice, nonostante tutto ogni gara mi riempie sempre di sensazioni positive, e’ l’essenza stessa della corsa, della strada, del percorso. Una metafora potente di vita, ognuno ha la sua strada e deve cercare di percorrerla al meglio, si incontreranno sempre ostacoli, imprevisti, condizioni estreme, si commetteranno errori, si effettueranno scelte.
Bisogna andare avanti, superare le difficolta’. E’ la tenacia estrema del corridore. Dell’uomo. Non esiste una regola, una ricetta, ognuno ha la sua. Ognuno ha il proprio personale percorso per raggiungere il traguardo. E nel farlo, nel conoscere la propria strada, conosce anche meglio se stesso. Sono emozioni intense e ogni volta mi riempio di esse perche mi rimangano impresse.
Non potrei farne a meno.
Mai.


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